Una crociera nelle isole Andamane, in India

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L’arcipelago delle Andamane è una ghirlanda di isole nel golfo del Bengala, un po’ fuori dalle classiche rotte turistiche. In tutto più di cinquecento tra isole, isolotti e reef, abitate da un popolo che, nonostante le mille difficoltà della vita, da sempre vive in armonia con se stesso e con il mare.

Per raggiungere le Andamane dall’Italia bisogna fare tappa a Chennai, forse più nota agli italiani con il vecchio nome di Madras (purtroppo Alitalia non ha voli diretti, ma solo passando per Delhi o Mumbai). Poi si prosegue in aereo per Port Blair, capitale delle Andamane e porto di imbarco ideale per una crociera nell’arcipelago, il modo migliore per esplorarlo – specie nei mesi da febbraio ad aprile. Tra delfini e fondali corallini, le immersioni non lasceranno delusi: pesci pagliaccio, anemoni di mare, crostacei di ogni colore, in un ecosistema senza uguali.

Solo una piccola parte delle isole, e non da molto tempo a questa parte, è visitabile: parecchie isole dove vivono le comunità indigeni sono proibite agli stranieri.

Da Port Blair conviene navigare verso nord, in direzione dell’isola di Aves, una delle mete più amate per le vacanze dai ricchi indiani del continente e ben attrezzata con resort ecologici, perfettamente inseriti nel contesto paesaggistico dell’isola. Anche gli abitanti sono cordiali con i turisti – vivono dei frutti del mare e della terra, soprattutto banane. Sono quasi sempre le donne, con i loro coloratissimi abiti, a gestire le attività commerciali, come la vendita del pesce.

Poi si prosegue verso le isole più lontane: navigando verso nordovest per circa otto ore si raggiunge Barren. La parte geologicamente più antica dell’isola è coperta da un esteso manto verde, anche con alberi di alto fusto. La parte nord svela invece l’origine vulcanica di questa terra, emersa milioni di anni fa dalle profondità del mare e ancora oggi in possesso di un cratere attivo. Le spiagge di finissima sabbia nera sono state plasmate dal mare. Il punto più alto è la cima del vulcano, ancora estremamente attivo – non c’è anno in cui non si faccia sentire con piccole eruzioni. Sull’isola di Barren la natura selvaggia suscita l’emozione della continua scoperta. Qui non ci si sente turisti, ma viaggiatori. Particolarmente suggestive le zone dove la lava incandescente ha raggiunto la costa, e i lapilli si sono spenti nelle acque del mare. Le immersioni alle falde del vulcano sono davvero magiche, con fondali straordinari e grandi banchi di pesce pelagico dalle livree variopinte.

Settanta miglia di mare separano l’isola di Barren da Narcondam, il vulcano che dorme. Siamo a nordovest, nel punto più estremo dell’arcipelago, assai vicini alla Thailandia. L’isola è costituita da circa 12 km quadrati di terre emerse, ricoperte da una rigogliosa foresta. Le attività vulcaniche sono costanti, ma poco intense, limitandosi a qualche fumata. Anche qui la flora e la fauna sottomarine sono eccezionali: sulle rocce vulcaniche sono cresciute moltissime gorgonie, che non sono piante, bensì animali dalla forma ramificata. Tantissime anche le spugne, con pesci e crostacei di mille colori.

A questo punto bisogna fare ritorno a Port Blair, dove vale la pena di visitare il Mahatma Gandhi Park. Dovunque si vada, comunque, la gente è molto ospitale e accogliente, semplice e sempre allegra nonostante la vita frugale di un’economia fatta esclusivamente di agricoltura e pesca. Il nostro viaggio è finito, ne valeva la pena. I colori di queste terre e i sorrisi di questa gente ci rimarranno nella memoria per sempre.


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