Itinerario nel Salento in provincia di Lecce: da Galatina a Otranto
Di Nicoletta A.Il Salento occupa quello che è anche noto come ‘il tacco d’Italia’, un vasto territorio che si estende sulle province di Lecce, Brindisi e parte di quella di Taranto. La penisola salentina è una terra ricchissima di attrattive naturali e culturali. Abbiamo già parlato della cittadina di Nardò, oggi ci addentriamo maggiormente in un lembo del Salento incluso nella provincia di Lecce.
Partiamo dall’entroterra, precisamente da Galatina, situata a circa 18 kilometri dal capoluogo di provincia. Una città di origini greche, fin dal III secolo d.C. fu una provincia dell’impero bizantino. I primi documenti ufficiali riguardanti Galantina risalgono solo al 1300, quando Carlo I d’Angiò concesse questo feudo alla famiglia Balzo-Orsini. Galatina è spesso definita ‘l’ombelico del Salento’, essendo praticamente equidistante da Mar Ionio e da Adriatico. Il centro storico è di estremo interesse, con le mura trecentesche rifatte nel ‘500, i vicoli, i palazzi delle famiglie nobili, le chiese. Tra queste, la chiesa Matrice (nella foto), dedicata a San Pietro e Paolo ha una facciata barocca straordinaria, ma è costruita su una preesistente chiesa medievale. Assolutamente da non trascurare anche la basilica di Santa Caterina d’Alessandria, al cui interno si trovano degli splendidi affreschi quattrocenteschi opera di Francesco d’Arezzo, dai colori vivaci che per certi versi ricordano quelli della basilica di Assisi, e alcuni dettagli di un ciclo di affreschi precedenti. Annessi alla basilica un convento e un chiostro, anch’esso completamente affrescato. Molto prezioso all’interno della chiesa anche l’organo del XVI secolo.
Lasciata Galatina, ci avviamo verso la costa ionica e raggiungiamo Otranto, anche detta ‘la regina del Salento’ o ‘la porta d’Oriente’. Fin dall’antichità questo porto è stato infatti una cerniera tra le civiltà europee e quelle orientali: basti pensare che il canale d’Otranto la separa dalle coste dell’Albania per soli 80 chilometri. Non è un caso se nel corso dei secoli si sono susseguiti i popoli che hanno ambito conquistarla: i primissimi furono i messapi, poi greci, romani, bizantini, normanni, aragonesi; e tutti hanno lasciato le loro tracce.
Il castello aragonese risale al Quattrocento, con le sue possenti mura è uno dei simboli della città: al suo rafforzamento fece provvedere Federico II di Svevia. Ha una pianta irregolare a cinque lati, con un fossato che corre lungo l’intero perimetro. Originariamente aveva una sola entrata, raggiungibile mediante un ponte levatoio. Tra le sue torri ce ne sono tre di forma cilindrica e un bastione chiamato Punta di Diamante. All’entrata fa bella mostra di sé lo stemma dell’imperatore Carlo V.
Un altro degli emblemi di Otranto è la cattedrale, che è anche uno dei gioielli della regione. La splendida chiesa risale all’XI secolo ed è una sintesi di quattro stili architettonici: romanico (facciata e capriate), bizantino, paleocristiano ed elementi arabi, una bella metafora del dialogo tra cultura e religioni che si è saputo creare in queste terre. Il pavimento a mosaico della cattedrale (risalente agli anni 1163-1165) è considerato il più grande al mondo: conta più di 600 mila pezzi di composizione calcarea. Raffigura soprattutto temi tratti dall’Antico Testamento.
Da visitare anche la chiesa di San Pietro, forse la più alta espressione dell’arte bizantina in Puglia. Ha una pianta quadrata, a croce greca, tre minuscole navate sono sormontate da una cupola centrale e splendidi affreschi in stile bizantino risalenti al X-XI secolo.
Appena fuori da Otranto, percorrendo circa 5 kilometri di costa verso sud si arriva al promontorio di Capo d’Otranto, dove sorge il faro di Punta Palascìa (nella foto qui sotto). Eretto nel 1867, è il più orientale d’Italia e uno dei cinque fari mediterranei tutelati dalla Commissione Europea. Ogni anno, il 31 dicembre questo luogo è preso d’assalto da chi festeggia l’ultimo dell’anno: cantando, ballando e brindando qui si attende la prima alba del nuovo anno in Italia.
Proseguendo ancora verso sud lungo la litoranea che conduce fino a Santa Cesarea Terme si giunge a Porto Badisco, un luogo di grande interesse archeologico, per certi versi misterioso: secondo la leggenda vi attraccò Ulisse, secondo altri Enea, sicuramente fu abitato nel Neolitico. La scoperta risale a circa 40 anni fa: casualmente alcuni speleologi si imbatterono in splendide pitture rupestri all’interno delle grotte che stavano esplorando. La più bella di queste è la Grotta dei cervi, una delle testimonianze del neolitico più importanti d’Europa, per le straordinarie pitture che essa contiene, risalenti al V millennio a.C.: uomini che cacciano con l’arco, animali e immagini astratte, dal significato oscuro. Gli scavi e gli studi sono ancora in corso e le grotte non sono aperte al pubblico, ma forse in futuro se ne costruirà una replica esatta all’interno del castello d’Otranto. Che speriamo di poter visitare presto.
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