Il deserto di Wadi Rum: mille e una emozione in Giordania
Di Nicoletta A.Un viaggio in Giordania è sempre ricco di emozioni e scoperte. Oltre alla celeberrima Petra, un’altra tappa imprescindibile è costituita dal deserto di Wadi Rum, 2000 chilometri quadrati e uno dei luoghi più estremi della terra, ambìta mèta per tutti i geologi del mondo, oltre che per gli appassionati amanti delle distese aride come noi.
Il deserto giordano è una formazione antichissima, risalente a mezzo miliardo di di anni fa, con rocce straordinariamente scolpite dall’acqua. Ora non si direbbe, poiché oggi in quest’area si vedono soltanto pietre e sabbia; ma in quell’epoca gli ambienti e il clima erano diversi: i fiumi erano possenti si insinuavano nelle fratture delle rocce arenacee che si erano sollevate e modellavano i paesaggi. Incredibile la suggestione dei colori, delle forme; nel deserto si trovano strutture ad arco come quella che vedete nell’immagine, canyon, colline con disegni erosivi molto particolari: ognuno di essi racconta una storia diversa – ma tutte sono accomunate dall’azione dell’acqua e dalle fratture della roccia.
Il nome del deserto è formato dalla parola Wadi (termine arabo per descrivere le vallate scavate dai corsi d’acqua temporanei) e Rum (in arabo pronunciato rum o ram), forse legato al nome delle famiglie che vivevano in quest’area, oppure a un’antica radice lessicale che significava “alto”, “elevato”. In effetti l’altopiano desertico si trova a circa 700 metri s.l.m., mentre le montagne intorno possono arrivare oltre i 1500 metri, come nel caso del Jebel Rum (1754 metri) e, al margine del paese, proprio al confine con l’Arabia Saudita, il Jebel Wmm Adani (1830 metri). Parte integrante del luogo sono le varie tribù beduine che lo abitano, molto attaccate al folklore di nomadi, che allevano cammelli e capre da cui ricavano latte e lana per tessere i loro vestiti tradizionali.
Chi esplora il Wadi Rum avrà un singolare senso di déjà-vu, poiché quest’area è stata spesso scelta come set per riprese cinematografiche, come per il celeberrimo Lawrence d’Arabia (del 1962) e i più recenti Passione nel deserto e Red Planet, dove i territori desertici dovevano simulare l’aspetto della superficie del pianeta Marte.
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